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Nascere con parto cesareo

Aggiornamento: 5 ago

parto cesareo, parto, nascita, taglio


36 anni fa venni al mondo attraverso l'esperienza del nascere con parto cesareo, da qui nasce la mia curiosità verso questo argomento…



una donna con taglio cesareo e il suo bambino

Dicono che parto cesareo evita al bambino la lotta e la fatica per aprirsi il varco attraverso il canale materno. L’estrazione forzata da parte del medico costituisce infatti un’interruzione del processo naturale e viene percepita come una vera e propria forzatura. Il parto cesareo non comporta una grande fatica per il nascituro il quale però vive una grande interferenza, infatti il suo processo di nascita viene interrotto da un elemento esterno. Tale esperienza potrebbe creare nel bambino delle convinzioni del tipo: “ho bisogno dell’aiuto degli altri”, (io ad esempio posso testimoni are che ho sempre bisogno del contenimento e delle rassicurazioni altrui…) generare quindi una poca fiducia in se stesso perché potrebbe credere di non essere stato capace di nascere da solo. Si cercherà inconsciamente il sostegno altrui, attireranno persone che vogliono intromettersi nella sua vita... Il taglio cesareo è però anche una scorciatoia e queste persone saranno in grado nella vita di trovare risposte e soluzioni veloci per affrontare i problemi. La mancanza dell’abbraccio stretto e avvolgente del canale del parto fa sì che i nati con parto cesareo sentano molto il bisogno del contatto fisico, abbracci, carezze contatto con la pelle (io infatti ne ho tanto bisogno sempre!!!).

Il mito della scienza ostetrica, il nascere con parto cesareo, era riservato nel passato solo a casi più gravi, è diventato una vera e propria routine. In questo modo, si dice, si eviteranno un sacco di guai e sofferenze alla madre e al nascituro, ed in parte è così. Ma quale saranno, per il bambino, le conseguenze psicologiche di questa scelta? Intanto la sensazione di nascere in modo improvviso, non annunciato dai prodromi fisici del parto naturale. Il bambino che viene estratto dall'utero sicuramente non è pronto ad uscire e si sentirà in qualche modo privato della sua scelta. Nella vita adulta potrebbe sentirsi interrotto da eventi esterni ogni volta che sta per compiere un passo importante. Reagirà con la caparbietà e la testardaggine, nel tentativo di pareggiare i conti con chi lo ha costretto a subire le sue scelte. Nel contempo non si sentirà sicuro di prendere le decisioni giuste e proverà difficoltà a portare a termine i compiti che si è prefissato. La decisione di effettuare il cesareo può essere vissuta dal nascituro come un intromissione nel suo progetto di nascita; nella vita adulta troverà spesso persone che vorranno decidere per lui cosa è bene o no fare. Vogliono fare di testa loro, è difficile imporre loro qualcosa. Hanno difficoltà a fidarsi e temono sopra ogni cosa la manipolazione. Per aver subito la carenza del contatto fisico del parto sono generalmente desiderosi di coccole e carezze. Possono altresì percepire la loro nascita come una separazione non voluta, sviluppare il timore di non essere accettati e che ogni loro offerta d'amore sarà facilmente rifiutata. Potrebbero pure sviluppare l'atteggiamento opposto, ovvero la dipendenza da figure che gli risolvano i problemi ed essere perennemente in attesa di un "salvatore".

Leonard Orr, l’inventore del Rebirthing, afferma che: “Già durante e dopo una nascita dolorosa prendiamo le prime decisioni della nostra vita; queste hanno lo scopo di preservarci da ulteriori sofferenze, e continueranno ad attivarsi fino a quando non ne rielaboreremo la causa e la risultante tendenza a ‘evitare’ ”. È importante riuscire a liberare l’energia legata al trauma di nascita poiché si tratta della prima memoria “bloccata” di una serie, collegata a sensazioni o esperienze specifiche e negative. La prima memoria, infatti, crea una predisposizione del cervello a bloccare tutte le altre esperienze simili.

Il vissuto precedente la nascita e il modo di venire al mondo possono influenzare tutta la vita di una persona. Numerosi studi scientifici dimostrano che molti disturbi della salute e dell’equilibrio psico-fisico degli adulti hanno origine nella fase perinatale soprattutto quando questa si distanzia troppo dai meccanismi per i quali siamo biologicamente programmati.”

Federazione Svizzera delle Levatrici, 2009


I neonati ed i feti sono più coscienti e più emotivi di quello che si pensava. Da 20 anni a questa parte, si è potuto vedere come i feti, in grembo materno siano si limitati, ma con una quantità di funzioni fisiche e psicologiche prima mai prese in considerazione. L'esperienza della nascita deve quindi venir presa in considerazione, visto che viene vissuta pienamente dal neonato, con tutta l'emozione, il dolore ed il trauma che ne comporta.

Il modo "standard" in cui la medicina vede i neonati (un punto di vista di solito non condiviso dalle donne, dalle ostetriche e dalle doule) sta diventando sempre più importante nei paesi occidentali dove il 95% dei parti avviene in ospedale ed il 25% per mezzo di operazioni chirurgiche. Mentre questi cambiamenti radicali stanno prendendo piede nel mondo occidentale a partire dagli ultimi 50 anni, gli aspetti psicologici della nascita non sono stati seriamente considerati.

Infatti, per tutto il 20° secolo, le credenze mediche sul sistema nervoso del neonato sono state dominanti anche in psicologia. Comunque, negli ultimi 3 decenni, la psicologia ha investito molto su studi riguardo gli infanti ed ha scoperto molti talenti prima nascosti sia del feto che del neonato. Questi risultati sono sorprendenti e rivoluzionari: i neonati sono più sensitivi, più emotivi e più cognitivi di quanto si usava credere. Fino a non molto tempo fa, gli esperti in pediatria e psicologia insegnavano che i neonati non percepiscono i colori, possono sentire solo degli echi, non sono sensibili ai bruschi cambiamenti nella temperatura alla nascita e hanno solo una rudimentale percezione del gusto e dell'olfatto. Il loro dolore "non era come il nostro dolore", i loro pianti erano privi di significato, i loro sorrisi erano "gas" e le loro emozioni non ancora sviluppate. Peggio ancora, la maggior parte dei professionisti credevano che i neonati non fossero equipaggiati con materiale cerebrale sufficiente a permettergli di ricordare, imparare, o trovare significato nelle loro, esperienze.

L'evidenza che i neonati sono esseri sensibili, cognitivi e che sono influenzati dalla loro esperienza alla nascita deriva da diverse fonti. Le evidenze più vecchie sono aneddoti che si basano su intuizioni. Le madri sono i principali fautori dell'idea che il neonato sia una persona, a cui si possa parlare e che ti risponda.

Questo processo, potenzialmente possibile per ogni madre, va al di Ià di ogni linguaggio: questo scambio di pensieri è probabilmente di natura più telepatica che linguistica. Le madri che comunicano con i loro bambini sanno che il bambino è una persona, una mente, e un'anima, in grado di comprendere e dotato di saggezza e di finalità. Questo fenomeno è universale dal momento che si può trovare nella cultura di tutti i paesi e le regioni del mondo, da secoli e secoli, sebbene le madri non necessariamente si impegnino in questo dialogo. Nell'età della "scienza", la conoscenza intuitiva di una madre è troppo spesso scoraggiata o respinta.

Alcune delle prime indicazioni cliniche secondo cui i neonati sono senzienti deriva dalla pratica in psicoanalisi risalente all'inizio del 201 secolo e al lavoro di Sigmund Freud. Sebbene Freud stesso fosse scettico relativamente all'esistenza di una mente formata nel neonato, i suoi pazienti continuavano a portagli in analisi delle informazioni che portavano a legare le loro ansie e le loro paure a eventi legati alla loro nascita. Egli ha teorizzato che la nascita potrebbe essere il trauma originale sul quale si costruisce in seguito l'ansia, sebbene lui continuasse a ritenere che questi ricordi fossero mere fantasie. Otto Rank, un collaboratore di Freud, era più convinto del fatto che i traumi alla nascita fossero alla base dello sviluppo in età successiva delle nevrosi, e riorganizzò la psicoanalisi attorno al concetto di trauma alla nascita. Lo studioso austriaco teorizzò che ogni sviluppo psicopatologico, se non addirittura ogni comportamento umano potessero essere interpretati come reazioni al vissuto traumatico irrisolto della nascita. Rank fu il primo a estendere la pratica psicanalitica allo studio delle leggende, dei miti, dell'arte e della creatività riferibili alla simbologia della nascita. Secondo Rank, quindi, alla base delle angosce nevrotiche vi è il “trauma della nascita”; lo scopo della terapia analitica è quindi quello di portare alla coscienza tale trauma e di svolgere funzione di “seconda nascita”, elaborando gli elementi negativi della prima. Questa visione implicò un affermazione rivoluzionaria: l’esistenza di una vita psichica fetale. Grazie a questo, fu ricompensato dalla rapida ripresa dei suoi pazienti che vennero curati in molto meno tempo di quanto richiesto dalla psicoanalisi tradizionale.


Nandor Fedor, analista americano e autore del libro “Il trauma della nascita”, si è

mosso negli anni 50’ nello stesso filone di indagine di Otto Rank con una particolare attenzione

verso l’interpretazione del sogno. Egli sostenne che la vita è continua, che non inizia con la nascita e che la comprensione di questa continuità della vita è di fondamentale importanza per la comprensione dello sviluppo umano. Riteneva che l’effetto disastroso la nascita poteva essere paragonato soltanto alla morte e che questo timore della morte iniziasse proprio con la nascita.

Esprimeva la convinzione che il grado di amore che il bambino appena nato avesse bisogno fosse

direttamente proporzionale all’intensità del trauma della sua nascita. Considerava l’esperienza del soffocamento, della claustrofobia, del panico, della paura di cadere, dell’insonnia gli incubi notturni, la paura di castrazione e della morte strettamente connessi con l’esperienza della nascita.

Nella sua opera descrisse molti ricordi, sogni oppure sintomi legati alla nascita, sempre con l’idea

che questi ricordi non fossero basati sulle memorie registrate dalla coscienza, ma dalle impressione

fatte proprie dall’organismo che segnano il corso della sua crescita fisica. Dai dati raccolti riteneva che gli eventi legati al parto continuavano a emergere nel corso della vita e quindi attraverso i sintomi dei suoi pazienti.


Nella seconda metà del secolo, sono stati fatti molti importanti progressi nel risolvere i traumi precoci legati alla vita nel grembo materno e alla nascita. L'ipnosi, la terapia primale, le terapie psichedeliche, combinazioni varie di lavoro con il corpo con la respirazione e la stimolazione sonora si sono tutte dimostrate utili per accedere a importanti ricordi, decisioni, imprint immagazzinate nella mente dell'infante. Se non fosse presente una mente attiva nell'infanzia, non sarebbe certo possibile ricordare qualcosa e non ci sarebbe la necessità di curare le impressioni negative o comunque risolvere i problemi mentali ed emozionali associati alla nascita.


C’è una tribù in Africa Orientale in cui l’arte della relazione profonda è nutrita anche prima della nascita. In questa tribù la data di nascita di un figlio non è il giorno effettivo della sua nascita né il giorno del concepimento. Per questa tribù la data di nascita è la prima volta che il figlio è un pensiero nella mente della mamma. Consapevole della sua intenzione di concepire un bambino con un particolare padre, la mamma va a sedere da sola sotto un albero. Lì si siede e ascolta fino a quando può sentire la canzone del bambino che spera di concepire. Una volta che l’ha sentita, torna al villaggio e la insegna al padre in modo che possano cantarla insieme mentre fanno l’amore invitando il bambino a unirsi a loro. Dopo che il bambino è stato concepito, la mamma canta la canzone per il bambino che è nel suo grembo. E poi la insegna alle donne anziane e alle ostetriche del villaggio perché, durante il travaglio e al momento miracoloso della nascita, il bambino sia accolto con la sua canzone. Dopo la nascita tutti gli abitanti del villaggio imparano la canzone del loro nuovo membro e la cantano al bambino quando lui cade o si fa male. La canzone è cantata nelle occasioni di trionfo, nei rituali e nelle iniziazioni. Diventa poi parte della cerimonia del suo matrimonio e, alla fine della vita, i suoi cari si riuniranno attorno al letto di morte e canteranno questa canzone per l’ultima volta.”

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